Ossimoro
Un ritorno al giallo d'autore
🎭 Ossimoro
– Il teatro brucia, ma la storia resta
Premio Città di Ciampino – Mondo Scrittura 2025
Signore e signori, il sipario si è appena chiuso…
e si è chiuso in fiamme. Il racconto Ossimoro ha vinto il prestigioso
concorso letterario Città di Ciampino – Mondo Scrittura 2025, e non
poteva esserci esito più teatrale per una storia che del teatro fa il suo
cuore, la sua trappola, il suo altare.
Ambientato nella Londra del 1862, Ossimoro ci porta dietro le quinte del True Illusion Theatre, un luogo dove si recita per sopravvivere, si ama per illudersi, e si muore per non tradire. La compagnia dei Boccadoro — un’accozzaglia di affabulatori, anime in cerca di applausi e redenzione — si ritrova invischiata in una spirale di omicidi, conti segreti, apparizioni e vendette. E quando il sipario cala, non resta che il fuoco.
Giudizio narrativo su Ossimoro
1. Struttura e ritmo
- Il racconto è costruito come una pièce
teatrale in cinque atti, con prologo e epilogo impliciti. La tensione
cresce in modo graduale e calibrato, alternando momenti di introspezione,
dialoghi serrati e colpi di scena.
- Il ritmo è cinematografico, con cambi di
scena ben scanditi e una gestione sapiente del tempo narrativo. La voce di
Mister Fabula funge da regista e da spirito guida, conferendo
coerenza e teatralità all’intera narrazione.
2. Atmosfera e ambientazione
- La Londra vittoriana è resa con grande
efficacia: pioggia, nebbia, gas, fango, carcere, slum, teatro decadente.
Ogni elemento contribuisce a costruire un mondo cupo, affascinante e
credibile.
- Il True Illusion Theatre è più di un
luogo: è un personaggio, una creatura viva che respira, soffre e muore. Il
suo rogo finale è una catarsi perfetta.
3. Personaggi
- Madame Lemaire è una figura memorabile: bisbetica, manipolatrice, tragica. La sua
ambiguità morale e il suo carisma dominano la scena.
- Cornell è l’eroe
riluttante, fragile ma tenace, che attraversa il racconto come testimone e
vittima, fino alla sua trasformazione finale.
- Arkadiy, Sandoz,
Mateusz, Aika, Fernsby: ognuno ha una funzione
precisa, una voce distinta, e contribuisce alla coralità della compagnia.
- Il topolino Misha è il dettaglio
poetico che trasforma la tragedia in leggenda.
4. Temi e simboli
- Il teatro come metafora della vita:
finzione, maschere, ruoli, verità recitate.
- L’ossimoro come chiave interpretativa: Illusioni
reali, arte e crimine, famiglia e tradimento, fuoco e
purificazione.
- La giustizia non è istituzionale ma
narrativa: il racconto stesso è il tribunale, il lettore è la giuria.
5. Stile e voce
- La lingua è ricca, evocativa, teatrale.
Alterna registri alti e bassi con grande maestria.
- La voce narrante è ironica, malinconica,
complice. Mister Fabula è un narratore che incanta e inquieta, come
un attore che non lascia mai il palco.
✍️ Commento
autoriale
Scrivere Ossimoro è stato come allestire
uno spettacolo in cui ogni personaggio recita anche quando crede di essere
sincero. Il teatro, in questa storia, non è solo un luogo fisico: è un
organismo vivente, un labirinto di specchi dove la verità si traveste da
finzione e l’inganno si rivela più autentico di qualsiasi confessione.
Il titolo stesso è una dichiarazione di poetica: Ossimoro
è l’illusione che si fa reale, la menzogna che svela, il palcoscenico che
brucia per liberare le anime. Ho voluto raccontare una compagnia teatrale come
una famiglia disfunzionale, dove l’amore convive con il sospetto, la bellezza
con la corruzione, e la morte con l’applauso.
Il fascino del teatro sta proprio qui: nel suo
essere luogo di maschere e di rivelazioni, di ruoli imposti e di verità che
emergono solo quando si finge. Nel True Illusion Theatre, ogni gesto è
un atto, ogni parola una battuta, ogni silenzio una resa.
E quando il sipario cala, ciò che resta non è il corpo, ma la voce. La voce di chi ha raccontato, amato e partecipato.
L'incipit del racconto
Ossimoro
Abbandonato come la carcassa di un animale preistorico, fossile calcificato dagli anni, salma incartapecorita che più non diffonde il suo lezzo putrescente. La gente comune passa e lo ignora, vagabondi e poveri cristi lo usano come orinatoio o si rifugiano al suo interno per scaldarsi le ossa durante la stagione fredda mentre i ricchi signori gli sfilano davanti con quell’aura di altezzoso disgusto, perché la sola vista rovina il panorama del loro inutile passeggio. Rimuovere quei poveri resti, barat-tandoli magari con una luccicante vetrina di qualsivoglia commercio possa dar lustro alla loro vanità, sarebbe forse un atto pietoso.
Quasi dimenticavo… A volte riesco a perdermi nel mio eloquio tanto da trascurare quelli che sono i punti salienti; il cadavere consegnato all’oblio della città più popolosa del mondo aveva anche un nome: True Illusion Theatre .
Altisonante e non meno fascinoso, non trovate? Coloro che prendevano posto fra le file in una delle cinquecento sedute ambivano soltanto ad essere trasportati per qualche ora negli uni-versi lontani che il True Illusion offriva tutte le sere per un paio di scellini. Ohh, intendiamoci, niente di paragonabile al severo neoclassicismo del Royal Drury Lane o alla sfarzosa magnificenza di Covent Garden, e neppure si poteva accostarlo al Sadler’s Wells Theatre… no… questo no, sarebbe pura bestemmia! Di tutti i colossi che fanno da scrigno alla nobile arte teatrale, True Illusion non era che un modesto lacchè così come la nostra compagnia si sarebbe potuta definire “un’accozzaglia multietnica di onesti affabulatori del palcoscenico”… Ma l’arte, signori miei, quella ci scorreva nel sangue con il tumulto che solo un vero attore sa riconoscere. Ognuno a suo modo aveva avvertito la chiamata in un momento diverso dell’esistenza, chi ancora imberbe mestierante di strada e chi già col volto coperto di rughe, chi per vocazione e chi unicamente per fame. C’erano un polacco con un occhio solo e due gemelli birmani, un nano pro-veniente dalla fredda Siberia e una ragazza giunta dai paesi del sole nascente; c’era Sandoz Christoval, un nobile decaduto ungherese che si vantava di aver calcato le scene di tutti i teatri più importanti del mondo, e Mina Rossetti, un italiana che si favoleggiava avesse rubato le corde vocali agli angeli… Ma era soprattutto una la presenza imprescindibile, madame Lemaire, la vecchia francese più bisbetica di Londra e dintorni, donna senza la quale la nostra compagnia e il True Illusion non si sarebbero mai incontrati. Madame aveva acquistato l’edificio ancora in costruzione per poi mettere insieme uno per volta tutti i tasselli dell’insolita brigata: la “Confraternita del boccadoro”. Negli anni qualche scriteriato recensore dalla vena inacidita aveva provato a ironizzare apostrofandoci in tal modo dopo performance non proprio esaltanti, eppure vi erano state occasioni nelle quali eravamo riusciti a toccare le corde del cuore e anche i distinti rampolli dei loggioni, venuti a respirare aria di scena, si erano dovuti spellare le mani persuasi della nostra arte. Un nomignolo buffo quanto azzeccato per attori forse di dubbio talento ma uniti dal sacro fuoco. Madame stessa era stata autrice dell’appellativo e lo aveva appositamente coniato in onore al suo pappagallo, spesso talmente abile e intonato nel ripeter battute più volte ascoltate da poterci fare da suggeritore.
Il termine “confraternita” stava anche ad indicare il legame che esisteva fra noi e la nostra “casa”, un legame solido, profondo come quegli affetti che vengono direttamente dal sangue e nemmeno le fiamme dell’inferno possono spezzare. È insolito doverlo riconoscere, lo ammetto, pare quasi di parlare d’una creatura fatta di carne e ossa mentre è di un edificio, legno, mattoni e diversi metri di tendaggio, del quale sto vagheggiando… noi tutti, però, avevamo finito per considerare il True Illusion qualcosa di più prezioso di una semplice dimora: era un rifugio, il ricovero perfetto per anime malate di palcoscenico quali eravamo. Ogni giorno infinite ore sul proscenio a provare, affannandoci avanti e indietro fra il ballatoio e le quinte, inalando l’odore intenso e caldo d’abete che le scenografie spri-gionavano, calcando le lucide assi di quercia del palco fino a cadere prostrati. Ma a sera ogni sforzo veniva puntualmente ripagato e si può vivere anche di questo: applausi, risa, espressioni estasiate, grida di giubilo per una salvezza raggiunta o pianti lamentosi delle signore che avevano visto il loro eroe immolarsi sulle scene.
Finito. Tutto si è irrimediabilmente consumato. E non parlo dell’arte eterna della recitazione ma più prosaicamente di un piccolo universo costituito da diciassette persone e dall’edificio che per nove lunghi anni le aveva racchiuse: il nostro mondo.
Vedere ora i suoi miseri resti apparire in fondo a Jackson Road come un fantasma nella bruma del mattino, altro non può trasmettere che un dolore inestinguibile per chi ne ha amato a dismisura anche il più disagevole degli angoli. Ma a volte anche le cose care vanno sacrificate.
Come dite? Il mio nome? Per il momento potete semplicemente chiamarmi Mister Fabula, la storia che voglio raccontarvi necessita soltanto di menti attente e cuori aperti ad accogliere i vostri artisti preferiti perché il True Illusion possa riprendere vita, almeno per qualche palpitante attimo… E se al termine della narrazione lo avrò meritato, mi inchinerò al vostro plauso.
Con questo lungo incipit che introduce ad un giallo vero e proprio con tanto di omicidi e ghost story vi lascio, ricordandovi che chi volesse leggere per intero il racconto verrà inserito nel volume 2 di Favole inquiete, progetto editoriale che, dopo il successo del primo volume diventato un piccolo cult di genere, sta già prendendo corpo e vedrà la sua uscita nel 2026.
“Ogni parola è un passo. Grazie per aver camminato con me tra queste righe.
Ma le storie non finiscono, cambiano voce e interpreti e aspettano solo di essere ascoltate.”



Complimenti per i premi vinti, seguo da poco ma il blog è molto interessante.
RispondiEliminaGrazie dell'apprezzamento, Stefano. E scusa il ritardo nella risposta, giorni di fuoco mi stanno limitando nel seguire il blog, il romanzo di Jack è alle battute finali della fase di editing. Prossimamente ci saranno post dedicati e novità. A presto.
Elimina