Il linguaggio del Thriller


Favole nere: il mito nel racconto thriller


Immagine tratta dal mio racconto: Adrenalina


Il mito nel thriller, il dettaglio nel terrore

Il thriller non è solo tensione. È una forma di mitologia moderna. Un linguaggio che usa il crimine per parlare di colpa, il mistero per parlare di identità, la paura per parlare di verità. E quando il thriller si fonde con la favola nera, nasce qualcosa di più profondo: una narrazione che non cerca solo la soluzione, ma la rivelazione. Il racconto usa il delitto per parlare del destino.

In alcune delle mie storie - Ossimoro, Dieci, Asperger, Blu di Prussia, Scatole cinesi - si può vedere come la paura non è un effetto speciale ma un codice, un ritmo, un silenzio che si insinua tra le parole. È il modo in cui il tempo si dilata, il respiro si spezza, il dettaglio si fa ossessione. 

Proviamo a esaminarne qualcuna singolarmente per comprendere meglio i dettagli dei quali parlo.

In Ossimoro, il teatro diventa tempio, e la compagnia dei Boccadoro è una confraternita sacrificale. La morte di Arkadiy e Sandoz non sono solo delitti: sono offerte rituali che rivelano un disegno più grande. Il teatro stesso è un organismo vivente, un labirinto mitico dove il male si nasconde dietro le quinte.

In Dieci, il tempo è il dio crudele. Dieci minuti, dieci anni, dieci secondi: ogni unità temporale è un simbolo sacrificale, un conto alla rovescia verso la perdita, la radicalizzazione, il pentimento. Lara non è solo una donna: è una figura oracolare, una Cassandra urbana che ha visto troppo e ha scelto di dissolversi nel mito.

In Blu di Prussia, il colore diventa veleno, e la bambina cieca è l’innocente che porta la verità. Il racconto è una passione laica, dove il giustiziere fallisce e la giustizia divina si manifesta attraverso il pigmento, un dettaglio che diventa segno alchemico.


 Psicologia del terrore: il thriller come specchio, il dettaglio come trauma

Nel thriller psicologico, il dettaglio è tutto. Un oggetto fuori posto, una frase ripetuta, un gesto automatico. In Asperger, il crocifisso diventa arma e reliquia, simbolo e prova. In Blu di Prussia, il colore stesso è veleno, pigmento e condanna. In Scatole cinesi, il meccanismo narrativo è una spirale claustrofobica, dove ogni scatola contiene una verità più disturbante della precedente.

La paura non si scrive con le urla. Si scrive con le pause. Con il ritmo. Con il silenzio che precede il colpo. È il principio hitchcockiano della “suspense”: non mostrare il mostro, ma farlo respirare dietro la porta.

Le favole nere non raccontano solo il crimine. Raccontano la psiche. E lo fanno attraverso:

  • Il dettaglio ossessivo: un oggetto, una frase, un gesto che si ripete.

  • Il silenzio rituale: pause, omissioni, sospensioni che creano tensione.

  • La colpa come motore: ogni personaggio porta una ferita, un peccato, un segreto.

  • La dissociazione: il trauma spezza l’identità, e il thriller ne mostra le crepe.

  • La vendetta come giustizia privata: il sistema fallisce, e il mito interviene.

In Asperger, Elisa non è solo una restauratrice. È una sacerdotessa del dettaglio, una donna che usa il silenzio e la precisione come forma di controllo. Il suo gesto finale, “Ordine ristabilito”,  è una formula rituale, un sigillo.

In Scatole cinesi, il meccanismo narrativo è una spirale. Ogni scatola è una verità. Ogni verità è una menzogna. Il lettore è costretto a decostruire il mito per trovare il trauma.


Scatole cinesi

Mito e favola nera: archetipi nel thriller


Il mito nel thriller non è decorativo. È struttura. Ossimoro è una tragedia teatrale travestita da noir urbano: il teatro diventa tempio, il palcoscenico diventa altare, e la compagnia dei Boccadoro è una confraternita sacrificale. Dieci è una favola politica e sentimentale, dove l’amore perduto si intreccia con la radicalizzazione e il terrorismo, e il tempo — dieci minuti, dieci anni, dieci secondi — diventa un dio crudele.
Come in Il silenzio degli innocenti, Zodiac, Prisoners, o La promessa di Dürrenmatt, il thriller mitico non cerca il colpevole: cerca il senso. Il male non è un individuo, ma una struttura. Una logica. Un rituale.

🎥 Cinema e letteratura: il mito nel thriller

Il mito nel thriller è stato esplorato da grandi autori e registi:

  • David Lynch: in Mulholland Drive, il noir diventa sogno, e il mito è la perdita dell’identità.

  • Darren Aronofsky: in Mother! e Il cigno nero, il sacrificio è rituale, e il corpo è il tempio.

  • Cormac McCarthy: in Non è un paese per vecchi, il male è metafisico, e il destino è ineluttabile.

  • Patricia Highsmith: in Il talento di Mr. Ripley, l’identità è maschera, e il mito è la metamorfosi.

  • Shirley Jackson: in La lotteria, il rito è collettivo, e il male è normalizzato.


Scrivere la paura: tecnica e visione

Per scrivere una favola nera che funzioni, servono:
  • Ritmo: alternanza di frasi brevi e periodi lunghi, come battiti cardiaci.

  • Silenzio: sospensioni, ellissi, omissioni. Il non detto è più potente del detto.

  • Dettaglio: oggetti simbolici, gesti rituali, ambienti sensoriali. Il lago in Memorie del lago, il murales in Dieci, il biglietto da visita in Asperger.

  • Tempo: dilatazione, flashback, ciclicità. Il tempo è un personaggio.

  • Ambiguità: nessuna verità assoluta. Ogni personaggio è vittima e carnefice, nessuno è puro.

  • Struttura mitica: viaggio, sacrificio, rivelazione.

  • Simboli ricorrenti: oggetti, colori, luoghi che diventano segni.

  • Atmosfera sensoriale: odori, suoni, luci, superfici.

  • Finale aperto: il mito non si chiude, si tramanda.


In conclusione, mi auguro che il mio tentativo di portarvi favole nere come mito cercando di spiegare il "nostro" tempo vi sia gradito. Spero, soprattutto, possiate apprezzare il modo in cui cerco, con "voce teatrale" e attraverso simbologie, di trasformare il thriller senza inseguire verità assolute, ma raccontando gli abissi quotidiani che ci inghiottono, le ombre che ci accompagnano, il male che si annida nella società. Da scrittore, posso assicurarvi che vivo con grande responsabilità questa scelta personale di portarvi nelle letture di svago, quali gialli, thriller e horror, anche spunti profondi dove fermarvi a riflettere. 

Un saluto e al prossimo post: è arrivata la premiazione di Ossimoro!



 “Ogni parola è un passo. Grazie per aver camminato con me tra queste righe.  

  Ma le storie non finiscono, cambiano voce e interpreti e aspettano solo di essere ascoltate.”


Massimiliano Serino

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