Il Vento dei Calanchi porta un altro premio!

 

Il Vento dei Calanchi
da Spigno Monferrato arriva un altro prestigioso riconoscimento





Tempo di premiazioni e Anime disconnesse, racconto che verrà incluso nella raccolta Favole Inquiete 2, ha ottenuto il terzo posto al prestigioso premio letterario Il Vento dei Calanchi 2025 – Città di Spigno Monferrato, nella sezione racconto narrativa inedita.

Ambientato in un condominio milanese qualunque, Anime disconnesse racconta la storia di Eva e Luca, due anime profondamente ferite che si incontrano in una chat anonima. Le loro parole diventano rifugio, specchio, promessa. Ma dietro ogni messaggio si celano verità non dette, paure che non trovano voce, desideri che non osano mostrarsi.

Il racconto esplora con delicatezza e intensità la solitudine urbana, l’identità digitale, il bisogno di essere visti e la paura di esserlo davvero. In un’epoca in cui siamo sempre connessi ma raramente vicini, Anime disconnesse vuole essere una riflessione sul tempo perduto, sull’impossibilità di incontrarsi davvero, e sul dolore di scoprire che ciò che cerchiamo — spesso — si trova dietro la porta di fianco.

Il riconoscimento ricevuto è un tributo alla forza silenziosa di questa storia, alla sua capacità di toccare corde profonde e universali. Un cucchiaino che batte tre volte contro una tazza, in un gesto che rappresenta la quotidianità inascoltata, è il simbolo di un noir dai toni struggenti. Un ultimo richiamo. Un racconto che resta.

Grazie a tutti coloro che hanno creduto in questa voce.










 


Scheda tecnica dell’opera

Titolo provvisorio: Anime disconnesse

Genere: Narrativa contemporanea / Dramma psicologico

Formato: Racconto

Ambientazione: Milano, in un condominio urbano anonimo e silenzioso

Target: Lettori adulti (30+), appassionati di narrativa introspettiva, storie di relazioni non convenzionali, tematiche sociali e psicologiche


Sinossi: Milano, notte fonda. In una metropoli che respira cemento e solitudine, un uomo e una donna si sfiorano senza mai toccarsi davvero. Eva e Luca, due anime che si incontrano in una chat. Lei, traduttrice solitaria. Lui, scrittore in lutto. Eppure, tra le righe di un dialogo virtuale, nasce qualcosa che somiglia alla vita: un ponte fragile perché si regge su un castello di bugie, ma al contempo autentico, perché fatto di parole, desideri, paure e sogni. È un thriller urbano, ma soprattutto è un viaggio nella solitudine contemporanea, nell’incomunicabilità che ci circonda anche quando siamo iperconnessi. È una riflessione sull’amore, sulla memoria, sull’identità. E su quanto sia sottile il confine tra ciò che viviamo e ciò che immaginiamo. Tra chat anonime, finestre illuminate e silenzi condivisi, il racconto esplora l’alienazione urbana e il bisogno disperato di connessione. Una favola metropolitana sul vuoto che ci unisce.

Temi principali

Solitudine urbana: Il condominio come metafora di isolamento e invisibilità

Identità digitale e finzione: L’illusione dell’intimità mediata dallo schermo

Rimpianto e paura del contatto: Il desiderio di essere visti e il terrore di esserlo davvero

Depressione e fragilità emotiva: La deriva psicologica di chi non trova più senso nel quotidiano

Amore non corrisposto o non riconosciuto: Il dolore di scoprire che ciò che cercavamo era accanto, ma troppo tardi

✍️ Motivazioni autoriali

L’opera nasce dal desiderio di indagare il confine tra presenza e assenza, tra parola e silenzio, tra verità e immaginazione. In un’epoca in cui siamo sempre connessi ma raramente vicini, Anime disconnesse vuole essere una riflessione sul bisogno umano di contatto, sulla difficoltà di vedere chi ci sta intorno oltre il mero aspetto estetico e di quanto sia arduo comunicare agli altri noi stessi. 



Un breve estratto del racconto...

Salì i tre piani con lentezza cercando di smaltire la tensione. Qualcosa si stava disgregando attorno a lui, c’era tutto quel mondo raffermo che sentiva implodergli dentro. Non era bastato prendere atto della sua condizione, ammettere che se voleva continuare a vivere doveva smettere di sopravvivere e provare il vero cambiamento. Nell’ultimo anno Rebecca aveva risvegliato le sue emozioni, nutrito il suo spirito con fragilità e parole, instillato il desiderio. Eppure non era cambiato nulla. Era ancora solo e il futuro aveva i contorni di una scatola vuota… lo vedeva ma era incapace di riempirlo.
«Ci sei?»
«Ti aspettavo».
«Oggi pensieri ondivaghi, non so a cosa potranno portare».
«Scrivili e ci ragioneremo sopra».
«Per prima cosa mi sono reso conto che sto diventando sempre di più un misantropo: odio la gente perché voglio farmi odiare. Ho dato della vecchia inacidita a una signora per colpa dei miei comportamenti mentre quello scorbutico sono io». 
«È quasi un anno che ti conosco e nel tuo essere asociale un po’ mi rispecchio, lo sai, va solo tenuto sotto stretto controllo. Tutti e due pensiamo che chi non ci comprende non ci ama, è un limite ma è anche quello che ci ha uniti».
«Non è solo questo, è lo scorrere del tempo che mi sta cambiando. Lo avverto come un pericoloso campanello, un avvertimento che devo prendere quell’ultimo treno perché non ne passerà un altro».
«Il tempo non esiste. È solo una convenzione umana per dare un senso alla perdita. La frustrazione di tutto ciò che avremmo potuto e non siamo riusciti a fare».
«Il tempo esiste eccome. È la cosa che ci consuma anche quando non ce ne accorgiamo. È il rumore che fa la solitudine quando non la ascolti. Diamo per scontato che il domani ci aspetterà sempre e invece la vita ci sfugge fra le dita. Inesorabile».
«Questa splendida ventata di ottimismo è tutta stanchezza, un punto di fermata per ripartire se si ha il coraggio. L’ultimo mese lo stiamo vivendo su alti e bassi, lo sento. E ho paura».
«Incontriamoci».
La chat restò in silenzio per diversi secondi.
«Hai trovato una cosa che mi fa ancora più paura. Bravo, non era facile».
«Voglio smettere di immaginarti e liberare entrambi. Siamo diventati schiavi di qualcosa che non ci permette di andare avanti. E non era questo il senso».
«È troppo tardi per quello che mi proponi, siamo andati troppo oltre. Ognuno si è costruito un immagine dell’altro che deve mantenere, preferisco restare qui. Dove siamo perfetti. Dove non c’è corpo, solo pensiero».
Questa volta fu il turno di Luca prendersi una lunga pausa, poi le sue dita iniziarono a scrivere… senza più fermarsi.

Un frammento sospeso di solitudine urbana e connessione invisibile


Dopo questo fuori onda che è tracimato senza preavviso dalla mia zona confort, nel prossimo post torneremo a parlare di thriller e di giallo in attesa della trasferta romana che vede un altro dei miei racconti protagonista di un concorso letterario: "Ossimoro".
Alla prossima e buone letture.



“Ogni parola è un passo. Grazie per aver camminato con me tra queste righe.  

  Ma le storie non finiscono, cambiano voce e interpreti e aspettano solo di essere ascoltate.”


Massimiliano Serino

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