Concorso letterario Argentario 2025 e premio Caravaggio IX Edizione

 Concorso letterario Argentario 2025 e premio Caravaggio IX Edizione Narrativa e Poesia

Arriva anche il Premio più ambito



Favole Inquiete premiata per la sua intensità, originalità e potenza narrativa



Giorno da ricordare. L'antologia Favole Inquiete, dopo essere stata ben accolta da critica e pubblico, ha ricevuto un altro prestigioso riconoscimento che celebra la forza della parola quando incontra il mistero, la storia e l’anima oscura del racconto.

📖 Favole Inquiete è una raccolta di venti racconti che si muovono tra il giallo, il thriller, il gotico e il paranormale, ambientati in epoche diverse, ma tutti legati da un filo comune: esplorare gli angoli ciechi della natura umana, scendere negli abissi della mente e affrontare i demoni per esorcizzarli. Ogni singola storia è una porta aperta su un’epoca, un enigma, un’emozione. Dall'oscurantismo del Medioevo al burrascoso Seicento di Caravaggio, dalle campagne inglesi infestate ai lager della seconda guerra mondiale, l'antologia è un viaggio nel tempo e nell’inquietudine. Un omaggio alla letteratura di tensione, ma anche alla bellezza della scrittura che osa. 
Ottenere questo risultato è stato possibile attraverso vari passaggi che hanno accompagnato tutti i racconti:
  •  dialoghi autentici, spontanei, mai artificiosi, che danno voce ai personaggi con naturalezza
  • taglio cinematografico, che trasforma la lettura in visione, e il lettore in spettatore
  • varietà delle trame, tutte originali, tutte diverse, tutte capaci di sorprendere
  • pathos narrativo, capace di trattenere il respiro e far vibrare la pagina
  • precisione storica, che rende ogni ambientazione credibile, viva, immersiva

Grazie

Ringrazio la giuria del Premio Caravaggio e del Concorso Argentario per aver colto l’anima profonda di questa raccolta. Grazie a chi ha letto, sostenuto, creduto. E grazie a chi, come me, continua a cercare il mistero tra le righe.

Classifica finale


 2. SEZ. A - NARRATIVA EDITA  - RACCOLTA RACCONTI 

🏆

  • 1° Massimiliano Serino (MI) Favole inquiete, Rupe mutevole Ed.
 
  • 2° Alessandro Izzi (LT) Gli occhi della notte, Acheron Books Ed.
 
  • 3° Pietro Rainero (AL) Racconti, Sigraf Ed.

 FINALISTI ex aequo
 
in ordine alfabetico
 Angeri Raphaella (Belgio) Giù le mani da mamma, youcaprint Ed.
 Barcella Antonio (RM) In volo tra fantasia e realtà, Amazon Ed.
 Beschi Eleonora (VR) Racconti dell'immaginazione, Albatros Ed.
 Capitani Michele (MI) Cuori nascosti, Prospettiva Ed.
 Casciano Maria (SA) Il Nespolo, Albatros Ed.
 Casini Ottavio (RM) La cena e altri racconti, Albatros Ed.
 Cicchetta Daniela (RM) Doppio legame tra eros e scienza, Tempesta Ed.
 Gallerani Antonio (RO) Novecento piccolo, Altromondo Ed.
 Diluiso Stella (FG) Tra le pieghe della storia, Amazon KDP Ed.
Iacometti Giovanni (NO) Racconti medi, brevi, brevissimi, Albatros Ed.
 Malfatto Tiziano (RO) Profumo Antico, Kinetés Ed.
 Manna Michele (RM) I piani inferiori della luna, Ensemble Ed.
 Massetani Gianni (FI) Semi di vita, Provaci ancora Bill, Ed.
 Nepa Simone (RM) Il precipizio delle cose sbagliate, Giovane Holden Ed. 
 Nuzzo Carolina (NA) Anna e tante altre
 Spurio Maria Grazia (RM) Racconti di relazioni sane e patologiche, Albatros Ed.
 Zangani Linda (BS) Quando non dormono, Albatros Ed.




Ed ecco un ulteriore regalino per celebrare l'evento, un racconto integrale tratto dall'antologia




La bambina dal mantello di porpora


Alta Valle del Kinzig, Foresta Nera settentrionale
Monastero cistercense di Alpirsbach 
A.D. 1392


“Piove da tredici giorni. Uno scrosciare incessante ci conduce dalle laudi del mattino al vespro, finanche a coprire il rumore d’ogni cucchiaio che s’alza in refettorio. E l’umido che prepotente si leva dalla foresta avvolge il monastero sovrastando persino l’odore buono della cera e l’effluvio sacrale dell’incenso alle funzioni. La sala del Capitolo ha riportato danni , così come ci sono infiltrazioni nel dormitorio e nella distilleria; ma preoccupazione più grande desta il piccolo crollo che ha riguardato il Dispensarium. Fratello Waldo e fratello Albrun sono riusciti a porci parziale rimedio in attesa di tempo migliore che ne consenta la completa riparazione. Com’era prevedibile danni tangibili anche all’Orto dei Semplici, dove il raccolto delle piante curative è represso da una triste fanghiglia. Il pozzo nel chiostro è più volte straripato ma l’acqua si è fermata ai portici. A Dio piacendo, la nostra preziosa biblioteca con tutti i manoscritti che tante ore di lavoro hanno richiesto è ben conservata e per il momento non teme questo biblico diluvio. La novità più rilevante riguarda la bambina che fratello Abo ha rinvenuto ai margini del cortile all’ora prima , ignuda, a parte un piccolo manto porpora che la infagottava, e in condizioni pessime. Non sembra essere dotata dell’uso di favella, poiché non ha proferito parola né per proclamare il suo nome né per spiegare quali fatti l’abbiano condotta a noi in simil stato. Non so ancora se attribuire ciò a un trauma oppure a una sua menomazione fisiologica, questo lo verificherò nelle prossime ore, di certo proviene dal vicino villaggio. Da giorni col maltempo che imperversa nessuno ha più contatti, anche il lavoro sui terreni agricoli e la cottura del pane da parte dei confratelli laici sono stati interrotti. Strade infangate e cielo oscuro non sono di buon auspicio per affrontare il percorso al monastero. Son comunque crucciato per le condizioni della giovinetta e temo anche che ai suoi familiari possa essere accaduta una sventura che abbia cagionato il ritrovarsi sola nel mezzo della foresta. Il suo mutismo non aiuta a risolvere l’arcano e una presenza femminea, seppur fanciulla, porta il segno del peccato di Eva tra uomini votati a Dio. L’ho fatta sistemare nell’ospizio del monastero che accoglie i viandanti. Prego per lei, invoco che la sua presenza non rechi danno alcuno e che possa presto far ritorno fra la sua gente.” 
Terminato di raccogliere i pensieri della giornata l’uomo ripone il libro e abbandona la stanza. L’abate scende la fredda scalinata e, col passo affrettato di chi aspetta notizie importanti, attraversa l’intera ala ovest per raggiungere l’Infirmarium . Qualcosa lo preoccupa al di là di quanto ha riportato sulla carta.
«Fratello Abo, quali novità dalla piccola sbandata?» 
Il giovane monaco si alza dallo sgabello e raccogliendo le mani in preghiera abbassa lo sguardo verso il corpo esanime accolto in un umile pagliericcio.
«Mio buon padre, potete vederlo voi stesso: dopo averla portata qui dal chiostro, confusa e agitata, è stata ripulita e quindi è crollata in un sonno letargico che tale l’ha accompagnata per tutto il giorno nonostante i miei premurosi solleciti. Nessun cenno vitale seppur il corpo non presenti ferite tali da metterne in pericolo l’esistenza. Anche le sue ossa mi paiono ben rivestite di carne e non sembrano aver mai sofferto i morsi della fame. Cionondiméno è come se il senno rifiutasse di rientrar ad albergare nella sua testa».
«Avete usato i sali odorosi per provare a ridestarla?»
 «Più volte e senza esito. Stavo pensando di… - Mentre rivolge un gesto verso la fanciulla inerme, scopre che due occhi, neri e profondi, lo stanno osservando. – Bontà divina! La vostra presenza vicino a lei, padre, ha richiamato al miracolo Nostro Signore!»
Almerico Von Altenburg incrocia le braccia aggrottando la fronte e rivolto al confratello scuote serenamente il capo.
 «Lasciate in pace Nostro Signore, Abo, di questi tempi ha da esaudire miracoli di ben altra portata. E tu, giovane figlia, comprendi la mia lingua? Sai parlare?»
Dal volto teso della ragazzina spunta l’accenno di un sorriso. Scuote debolmente la testa alle domande del monaco senza smettere di fissarlo. E lui fa altrettanto, ne scruta con più attenzione i tratti precipui, dapprima soltanto carpiti. Nota subito unghie troppo cresciute, annerite e scheggiate, e la selva di ciocche corvine ribelli che oltrepassano le clavicole danzando come vermi giganti  ad ogni piccola oscillazione del capo; la sua pelle è olivastra, il volto spigoloso ma gli occhi ammandorlati ne addolciscono i tratti, seppur la tenebra che vi si specchia li faccia apparire due abissi vuoti. Una selvaggia, trae il suo giudizio, una primitiva che pare venire dal profondo dei boschi più che da contrade civili.
«Ora che ben ti osservo, sei forestiera. Non hai da temere in codesto luogo santo, ti abbiamo accolta come una pellegrina ma non potrai rimanere, appena le tue gambe te lo permetteranno dovrai lasciare il monastero perché il suo ufficio è la preghiera e il ricovero d’anime. Che le sia data una ciotola di zuppa di cereali come ad ogni indigente che anela rifugio».
Al termine della preghiera del vespro, i monaci si radunano in refettorio per consumare una frugale cena. La pioggia continua a battere insistente sulle trifore del porticato. Da qualche ora l’interno del monastero è già immerso nell’oscurità, le candele riverberano su volti segnati dalla dura giornata.
«Fratello Anshelm avrà il privilegio di digiunare e leggere le sacre scritture per tutti mentre condividiamo questo cibo. Sia lode al Signore per la nostra mensa imbandita».
Ma nel momento stesso che viene iniziata la lettura dei salmi e i primi cucchiai portati alla bocca, un monaco si alza di scatto dal suo posto, inorridito.
«Misericordia divina! Il demonio è tra noi, fratelli!»
Tutti i commensali si voltano verso l’ingresso del refettorio recitando reazioni di teatrale disagio.
«Pregate, fratelli, perché è Satana stesso che vuole metterci alla prova!»
La fanciulla sembra non comprendere il tanto livoroso clamore originato. Avanza a piccoli passi nell’ampio stanzone con atteggiamento sconcertato. Il pavimento è di fredda pietra e i suoi piedi sono nudi quanto il resto del corpo. La luce calda delle fiammelle accarezza le forme, esalta i seni acerbi e l’ispido ciuffetto bruno sopra al sesso. Non mostra vergogna né imbarazzo alcuno mentre si avvicina al lungo tavolo. Il suo volto è l’incarnazione stessa della meraviglia. L’interesse è rivolto verso tutto quanto la circonda come lo vedesse per la prima volta: dai sobri arredi sacri che ornano la sala, alle candele che ardono vivide, per finire al nutrito congresso d’uomini dalle vesti e capigliature uguali; talmente identiche che paiono un solo essere posto di fronte alla propria vita in età diverse della sua esistenza.
«Che sia bandita da questo luogo!»
Almerico, dopo il primo attimo di sbigottimento, interviene schermando col suo corpo la nudità della ragazzina. Fa ampi gesti che vogliono essere di conforto e riportare la calma nell’isteria collettiva che pare essersi scatenata.
«Fratelli! Fratelli! Vi esorto all’ordine e alla purezza di pensiero! Che ognuno si inginocchi e preghi rivolto al crocifisso chiedendo perdono a Dio mentre questa sventurata sarà ricondotta nella sua stanza!»
Gli istanti successivi servono a placare lo scalpore e ritrovare quel silenzio che, per regola, deve regnare anche in refettorio. La fanciulla, intanto, viene trainata per il polso dall’abate che appena giunto all’Infirmarium  trova il monaco ancora assopito nei pressi del pagliericcio.
«Abo Von Rothenburg! Ti ritengo responsabile di questa mancanza nei confronti di tutti i confratelli, ma io stesso che te l’ho affidata senza tenere conto della tua poca esperienza mi infliggerò una punizione. Per quanto ti riguarda ti metterai al di fuori di questa porta e per riparare alla tua pecca veglierai sulla fanciulla inginocchiato finché la campana annuncerà il mattutino . È evidente come questa povera figlia non abbia ricevuto grazia cristiana e al pari di un animale selvatico vada governata. In attesa di poterla affidare a una famiglia del villaggio desidero non prenda altre iniziative come il girovagare ignuda per queste sante mura».  
Messo di fronte al corpo nudo, l’accaduto emerge in maniera fin troppo evidente. Contrito, il monaco china il capo al suo superiore e senza emettere un suono si appresta ad espiare la pena comminatagli. La ragazzina lo osserva incuriosita. Si protrae lo sbigottimento per tutto quell’agitarsi intorno a lei, così come la stupisce l’evidente turbamento che suscita il suo corpo. L’Abate fa portare una tunica di lana grezza e, appena rivestita, la stanza viene chiusa con Abo lasciato a sorvegliarla. 
Almerico tarda a prender sonno quella notte. La percezione dovuta alla forzata quanto insolita presenza nel monastero lo tormenta trasformandosi in un bizzarro incubo e al risveglio è ancora più angosciato. All’ora Prima  ritarda apposta la recita dei salmi per recarsi a controllare di persona che l’ospite non abbia creato altri disagi, ma quando ordina di aprire la stanza non la trova. La tonaca è sul pavimento, la stretta finestra che illuminava il locale è stata infranta e i vetri sono sparsi ovunque. L’Abate non intende l’accorata difesa di Abo che sostiene di non essersi mai spostato né accorto di nulla, c’è qualcosa che lo preoccupa maggiormente. La biblioteca. Il vero tesoro del monastero si trova in quell’immensa raccolta di volumi. E la sua intuizione diviene certezza quando fa eseguire dai quattro fratelli amanuensi, custodi del sapere, un accurato controllo dell’immenso locale. 
«Vi è un solo volume mancante: il Canon Episcopi, scritto oltre 200 anni addietro da Reginaldo di Prüm, abate di Treviri. È un volume estremamente prezioso, uno dei pochi originali presenti nella biblioteca. Non esistono copie di quella prima versione. È stato riprodotto e miniato ma solo parzialmente, in quanto riporta pagine sulla stregoneria che la Santa Madre Chiesa ha giudicato Naturae Sacra». 
«Ma com’è possibile? Come ha potuto sgusciare dall’Infirmarium e introdursi nella biblioteca chiusa senza che nessuno si sia accorto di nulla?»
«È opera del diavolo! Nessun abitante di questa terra avrebbe potuto!»
«Non vi sono dubbi, il demonio ha voluto riprendersi il testo che parlava delle sue servitrici e di come viene praticata la magia!»
«Era una strega! L’avete vista tutti, fratelli, avete ravvisato i suoi comportamenti e le reazioni di repulsione verso gli oggetti sacri».
Nel panico che si va creando tra i monaci, Almerico interviene con decisione.
«Basta così! Mia e soltanto mia è la responsabilità per aver permesso che ciò accadesse e mia sarà la forza di sanare l’errore fatto. Preparatemi ciò che occorre per un breve viaggio, partirò subito, non voglio prenda troppo vantaggio. In gioventù son stato cacciatore e ancora sono in grado di seguire impronte.» 
«Ma è una follia, padre Almerico! La vostra responsabilità principale è verso l’Ordine, codesta non è impresa da monaco, lasciate che se ne occupi un converso  o i fratelli laici del villaggio. E poi la pioggia avrà già cancellato ogni traccia».  
«Prima che si possa organizzare una caccia la nostra preda sarà già troppo distante. Non abbiate timore per me, nessun altro deve restar coinvolto, saprò cavarmela perché guidato da Dio a una retta causa. L’Altissimo mi metterà sulla giusta strada per ritrovarla».
Nonostante l’acceso dibattito, la decisione dell’Abate resta irrevocabile e, meno di un’ora dopo, il monastero di Alpirsbach  apre  il suo portale principale alla pioggia ancora incessante. Un solo uomo ne esce, intabarrato da tunica e cocolla  che ne ricopre interamente il capo. Nella mano destra ha un bastone e un sacchetto di tela legato in vita alla corda. I suoi passi principiano rapidi, sparendo presto alla vista di alcuni confratelli che dal porticato coperto osservano con volti tesi l’allontanarsi, ma presto il terreno accidentato e il pantano ne rallentano intensità e intenzioni. Solo dopo circa tre ore di cammino ininterrotto si ferma, adagiandosi su un gradino roccioso fra le felci e a parziale riparo della chioma conica di un abete rosso. Estratto un pezzo di pane, subito ammollato dalla pioggia che a dispetto del suo ampio cappuccio insinua ovunque, ne addenta qualche morso.
“I miei pensieri erano veritieri. Mi hai inviato una premonizione ma non l’ho saputa cogliere. Fa ch’io  possa ora rimediare. Non potevo svelare del sogno fatto ai confratelli: mi hai mostrato il sentiero che porta a Ottenhöfen e c’era una casa, la vecchia che la abitava era in pericolo. Ho visto la fanciulla leccare il suo sangue. La ucciderà, dunque? Era una visione terribile. Perché me l’hai data se non per tentare di salvare la donna e riportare il libro al suo luogo d’origine? Come sempre confido in Te, mia guida e mio salvatore.”
Considerazioni a voce alta rivolto al cielo. Almerico, dopo pochi minuti di sosta e ristoro, riprende il sentiero sfilando fra gli alti fusti degli alberi che lo attorniano; sullo sfondo colline avvolte in una coltre di nuvole a strati creano un paesaggio caliginoso dalle tinte arcane. Poche ore di luce lo attendono, al meriggio la fitta foresta oscurerà il suo cammino aumentando il pericolo di venir assalito da una belva o scivolare in qualche dirupo. Non si concederà altre pause. E anche se nel terreno non ha trovato segno del passaggio della piccola ladra, la sua fede lo spinge a proseguire. Crede fermamente nella visione che Dio gli ha donato. 
“Un ponte sospeso… Non lo ricordavo da queste parti.”
Attraversa la stretta passerella di corda che unisce i due versanti e, superato i primi alberi, si presenta una vista che gli leva il fiato: una misera casa fatiscente in una radura silenziosa e irreale dove anche la pioggia cade muta; la facciata non ha finestre, la copertura sporgente di lastre scure d’ardesia plasma il disegno di due ali minacciose. È la casa del sogno. 
Ora sa che è tutto reale. Si avvicina con timore e batte col bastone all’uscio. Non vi è risposta. Indietreggia un paio di passi e appena si volta ha un sussulto. È appoggiata ad una nodosa verga, i radi capelli infradiciati d’acqua la fanno apparire quasi calva, un occhio semichiuso è attraversato da una cicatrice che muore sullo zigomo. È vecchia quanto il mondo, si direbbe. È la donna del sogno. 
«Perdonate la mia presenza alla vostra dimora ma ho da rivolgervi domande e mettervi sull’avviso per fatti che vi riguardano».  
«Siete uomo di chiesa, se la vista non m’inganna. – Anticipa con voce stridula che sembra appartenere a un altro tempo. – Confido che nulla avrò da temere da voi se vi accolgo nella mia casa».
«L’Altissimo mi guida a voi e io non ne sono che umile messaggero, chi accoglie me è come aprisse le porte a Lui».
La vecchia lo oltrepassa e spalanca la porta lasciandola aperta. Un chiaro invito. Dal fondo dell’unico vano emerge un camino dal fuoco vivace, cuore pulsante dell’abitazione, nel calderone sobbolle una poco allettante brodaglia di colore indefinito.
«Cosa vi porta a questa vecchia eremita?»
Almerico Von Altenburg ha un attimo di indecisione. Un piatto con interiora sanguinolente e nella ciotola a fianco un ratto morto attirano il suo sguardo sul tavolaccio a centro stanza.
«Sono… sono alla ricerca di un libro sacro… una fanciulla, una ragazza dall’aspetto selvatico lo ha rubato dal monastero… E so che verrà qui da voi e vi farà del male se non la fermerò».
La vecchia si sposta di fronte al focolare e afferra una corta lama ricurva appesa alla parete. Di spalle al monaco, si infligge un profondo taglio sulla pelle rinsecchita del polso e ne lascia sgocciolare il sangue dentro alla pentola. Una fumata, nera e densa, evapora diffondendo nella stanza un odore acre.
«Dunque siete qui per la mia salvezza?! E ditemi: il libro che state cercando era forse come questo?» 
China al rugginoso baule accanto al camino ne emerge con un pesante volume che le sue mani tremanti faticano quasi a contenere.
«Il Canon Episcopi! Che il Signore mi salvi, siete una Lamia!» 
La vecchia emette un’aspra risata mentre i vapori della pignatta rispondendo al suo ghigno hanno invaso l’ambiente.
«No! Non credo lo farà, l’incanto è potente, ora siete in mia completa malìa. Il midollo d’osso di uomo di chiesa è assai nutriente per questo mio corpo malandato e voi dovete esserne ricco».
La gola di Almerico arde come l’inferno e le sue membra non reagiscono al pensiero. Non può muoversi. Paralizzato e con la fronte madida, vede avvicinarsi la vecchia che brandisce la lama ma nulla può per sottrarsi.
«Signore, mio rifugio, proteggimi!»
In quell’istante, un’esile figura ammantata di porpora appare sull’uscio. Calato l’ampio cappuccio la fanciulla avanza accompagnata dallo sguardo atterrito del monaco. 
«Il suo nome è Lila ma già avete fatto la sua conoscenza. Ha portato per me il vostro prezioso libro. Non è dotata di grande intelletto, solo quanto basta per ubbidire… Altre sono le virtù nascoste, non è vero piccola mia?! Mostra all’uomo di chiesa il tuo vero aspetto ora che le tenebre iniziano a calare sulla foresta». 
La giovane lascia cadere la mantella, incrocia le braccia e socchiude gli occhi. Un rauco verso di dolore sale dalle profondità del suo corpo. Le articolazioni flettono contro natura emettendo suoni schioccanti, le ossa allungano deformando la fisionomia, la carne si lacera mentre peli ispidi traboccano fino a ricoprirla interamente. Il volto livido, deforme, termina la sua mutazione con un possente ululato. La creatura, ormai costretta a quattro zampe, muove sinuosamente attorno all’uomo fiutandolo. Occhi gialli si dilatano divenendo lame che fissano la preda inerme.
“Sono perduto… accogli la mia anima Salvatore…”
È l’ultimo pensiero di Almerico prima di chiudere gli occhi vinto dal terrore.
«No, stupida bestia, non è per te! Ma non resterai a pancia vuota, non temere, ti getterò gli scarti migliori. Ora va, ritirati nel tuo sudicio angolo».
Affonda la lama nella manica strappandola e nel braccio ormai nudo incide un lungo taglio sagittale che provoca un penoso lamento. Lacrime copiose solcano le gote pallide del monaco rassegnato a una terribile morte. Il lupo lo fissa. Qualcosa in quel pianto sembra turbarlo. È il ricordo lontano di una bambina strappata alla sua famiglia, una bimba allevata come un animale e divenuta belva. 
Scatta. Un sol balzo, un unico morso e le zanne trovano la gola spezzando la carotide con un suono sinistro. Il monaco apre gli occhi, la vecchia è sdraiata per terra in un lago di sangue. Rantola. Tremiti letali la scuotono per attimi, poi irrigidisce. E il possente lupo, chino su di lei, lecca il liquido carminio finché lo zampillo cessa. È il sogno che si avvera. 
Minuti interminabili trascorrono diventando ore. Almerico cede e crolla sfinito sprofondando in un torpore che pare un lungo incubo. All’alba, dopo quattordici giorni la pioggia è cessata. Appena si risveglia riesce finalmente a riprendere possesso del suo corpo. Si alza a fatica. Accanto a lui c’è il cadavere mezzo sbranato della vecchia Lamia e davanti alla porta una fanciulla coperta soltanto da una corta mantella porpora lo osserva con empatia. Ha tra le mani un libro, il suo volto è orrendamente dipinto di sangue. Lo poggia lentamente per terra e con un disarmante sorriso gli volta le spalle per svanire tra la bruma nella foresta.
 
Monastero cistercense di Alpirsbach 
Autunno, 1811

«Bene, signori, questo è tutto quanto riportato sugli scritti dei monaci dell’epoca… Certo una leggenda come tante se ne narrano sulla foresta nera. Non credo che due giovani studiosi di legge possano dar credito a codesti fatti come davvero reali».
«Non è questo il nostro pensiero, non è ciò che ci interessa. Cosa ne pensi Jacob?»
«È potente, cruenta, ricca di fascino e mistero. Mi pare perfetta! E come ambientazione rientra di diritto nel novero della raccolta. Certo necessità di qualche epurazione, va rivisitata, corretta. Ho già anche un titolo: Rotkäppchen ! Come ti sembra, Wilhelm?»
 «Non è male. La storia ha colpito anche me, devo dire, ma come pensi possa venire accolta?»
«Sai qual è il mio pensiero: Le fiabe per bambini sono mai state concepite e inventate per bambini? Io non lo credo affatto e non sottoscrivo il principio generale che si debba creare qualcosa di specifico appositamente per loro. Ciò che fa parte delle cognizioni e dei precetti tradizionali da tutti condivisi viene accettato da grandi e piccoli, e quello che i bambini non afferrano e che scivola via dalla loro mente, lo capiranno in seguito quando saranno pronti ad apprenderlo».
I due si alzano e salutano l’anziano Abate che li ha ricevuti.
«La ringraziamo per tutto il tempo che ci ha dedicato, ogni appunto preso sarà prezioso per il nostro lavoro futuro».
«Che il Signore vi illumini, allora, perché possiate scrivere materia che sia di utilità alle giovani menti adolescenti. Un abbraccio cristiano e un augurio di futuri successi… cari fratelli Grimm».

***
 
La bambina dal mantello di porpora



“Ogni parola è un passo. Grazie per aver camminato con me tra queste righe.  

  Ma le storie non finiscono, cambiano voce e interpreti e aspettano solo di essere ascoltate.”


Massimiliano Serino




7 commenti:

  1. Complimenti! E bellissimo il racconto di questa cappuccetto rosso rivisitata, molto originale la storia!

    RispondiElimina
  2. Grazie di cuore, questo premio lo vedo come ulteriore incentivo e indicazione che la strada intrapresa è quella giusta; in questa antologia è stato racchiuso il lavoro di circa un anno di concorsi letterari e chiudere una parentesi tanto importante con un premio così significativo vuol dire avere centrato l'obiettivo. Il racconto de "La bambina dalla mantella di porpora" che ho postato è proprio il classico esempio del mio stile di scrittura: un contesto storico solido e documentato per dare credibilità a trama e personaggi, mixato con la fantasia dell'autore. Storia e leggenda che si incontrano.

    RispondiElimina
  3. Ciao, mi permetto di darti del tu nonostante la differenza di età perché mi sembra più colloquiale e dimezza le distanze. Sono una ragazza appassionata di letteratura e riesco a leggere proprio di tutto, per questo pur non essendo una partita di gialli e thriller quando ho avuto occasione di avere le fra le mani Favole inquiete, prestato da un amico che mi consigliava vivamente di leggerlo, non ci ho pensato due volte. Risultato: credo che recupererò anche il romanzo thriller che hai scritto lo scorso anno perché ho trovato i racconti estremamente avvincenti, credibili e per nulla banali come in un primo tempo ero portata a credere dal titolo. E in effetti il titolo, seppur affascinante, sminuisce la cura e il dettaglio storico, geografico e sociale che ho riscontrato in tutte le storie. Il mio titolo sarebbe stato "Anime oscure", quelle che si ritrovano presenti in ogni racconto. Nessuna critica ma solo per farti capire quanto lo abbia apprezzato e mi sia immedesimata nella narrazione. Ho esplorato anche il blog per la prima volta e ho trovato molti articoli interessanti, così ho deciso di scriverti direttamente. Mi farebbe piacere se decidessi di rispondere a questo commento e a dirmi che ne pensi del mio titolo. Complimenti per il tuo stile e continua a scrivere sempre! Un saluto 👋

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Silvia, apprezzo il tono fresco e spontaneo di questa missiva e sono sempre lieto di sentire che una ragazza giovane come te, almeno lo presumo da quanto mi scrivi, abbia un'autentica passione per la letteratura, una delle prime forme di cultura esistenti che purtroppo attraversa un periodo di grande trascuratezza. Leggiamo decisamente troppo poco. Per cui ben vengano forze fresche a indicare la via e anche, perché no, a esprimere pensieri, preferenze e anche suggerimenti all'autore stesso. Il tuo titolo è sicuramente interessante e avrebbe potuto accompagnare bene la raccolta; per quanto riguarda la mia scelta credo possa comunque esprimere il senso di malessere profondo, di quella parte oscura che ho cercato di esplorare. Il termine favola è usato non certo nell'accezione più semplicistica che ci riporta alla mente, e cioè le classiche favole per bambini, ma quello di antico racconto che nascondeva nel suo contenuto metafore di vita, frammenti di verità. E così vorrei fossero considerate le mie Favole inquiete, una lettura che dopo aver chiuso il libro lascia ancora qualcosa.

      Elimina
  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  5. Salve, ci siamo conosciuti al firma copie a Cinisello e in quella occasione avevo comprato il suo libro appena uscito Favole inquiete, mi aveva detto di farle sapere il mio pensiero dopo averlo letto e approfitto del blog per comunicarle che l'ho trovato molto gradevole, alcuni racconti veramente interessanti da non riuscire a staccarsi. Lo ha letto anche mia moglie che pur non essendo un'amante del genere ha apprezzato lo stile e i l'accuratezza dei periodi storici trattati. Quindi giudizio finale più che positivo! Aveva parlato anche di un'eventuale seguito, approfitto fin d'ora per chiederle se è quando sarà previsto. Grazie e ancora complimenti.

    RispondiElimina
  6. Salve Piegiorgio, mi ricordo perfettamente di lei e della sua simpatica signora. Lieto davvero che il libro sia piaciuto e per quanto riguarda il seguito ne stiamo parlando proprio in questi con l'editore, siamo convinti che andrà fatto per chiudere questo progetto che ha regalato soddisfazioni ad entrambi. Alcune storie premiate nell'ultimo anno sono già pronte, mentre altre sono attualmente in attesa del loro esito finale ai concorsi letterari; in ogni caso la tempestica prevista lo colloca non prima della primavera del 2026. Ma nel frattempo le segnalo che uscirà sotto Natale un bellissimo romanzo thriller dalle atmosfere e ambientazioni molto particolari, quindi stia in campana, le sorprese sono solo all'inizio! Un caro saluto.

    RispondiElimina

I più apprezzati da voi