La diversità come architettura narrativa

 

La diversità come rivelazione: 

"Asperger" 

il codice nascosto del noir






Milano, Naviglio, la scighera che si deposita sui pensieri: è da qui che “Asperger” prende forma e taglia, come lama rituale, la superficie del reale. Oggi celebro il suo ingresso tra i 10 finalisti del Trezzano Noir 2025 e apro una riflessione che mi sta a cuore: come la “diversità” - fisica o psichica - diventa materia incandescente per il noir, il giallo e l’horror, tra mito, simbolo e psicologia. Non per spettacolarizzare, ma per capire cosa accade quando lo sguardo non coincide con la norma e il mondo rivela il proprio lato più vero.


Il racconto come dispositivo di ordine e colpa

“In un’antica chiesa sul Naviglio Grande” si consuma un sacrilegio: un crocifisso d’argento conficcato nel petto del prete, il sangue che scorre sull’altare, il silenzio che sembra un organo spento. In “Asperger” non c’è compiacimento del crimine: c’è un codice interno di precisione e ripristino, la grammatica privata di Elisa Mori, restauratrice, madre, donna neurodivergente. La sua “diversità” non è folklore né etichetta: è un sistema sensoriale e cognitivo non convenzionale - routine, ritualità, intolleranza dell’intrusione, memoria perfettamente catalogata, iperattenzione al dettaglio - che si traduce in estremo atto di giustizia quando il suo ordine mentale viene violato nel modo più intollerabile.

  • Simbolo centrale: il crocifisso, strumento di fede e di perdono, invertito in arma di giudizio.

  • Rituale dell’ordine: appendere il soprabito “con pieghe dritte”, leggere “sette pagine”, chiudere la storia scrivendo: “Ordine ristabilito”.

  • Psicologia del gesto: non la vendetta cieca, ma un ripristino tecnico, "preciso". Come un restauro.

  • Sovraccarico sensoriale: sirene avvertite come insopportabile punteruolo che le causa dolore/fastidio, spazio personale come santuario, oggetti che fanno parte della sua vita lavorativa intoccabili per gli estranei. La “diversità” non esibisce: tutela e ristabilisce.

Il noir, qui, non è una cronaca nera: è un rito morale privato che si compie fuori dal perimetro dell’etica pubblica. L’orrore non è l’atto in sé, ma l’asimmetria tra l’ordine interiore e la zona grigia degli adulti che “Si fidano. Forse troppo.”



La diversità nel canone: tra mito e patologia

La diversità, nel giallo, nel noir, nell’horror e nel paranormale, non è mai semplice diagnosi: è architettura narrativa. Permette al giallo di risolvere, al noir di mostrare il marcio interno, all’horror di evocare il perturbante, al paranormale di aprire varchi. In Asperger, la neurodivergenza diventa giustizia privata e simbolica: un restauro del mondo, compiuto con la stessa precisione con cui si ripara un’opera d’arte. Il racconto segue la tradizione del nero senza esprimere giudizi, ma ponendo l'interrogativo su dove finisca la norma e dove cominci il perturbante. 

Esaminiamo grandi classici dove la “diversità” - fisica, psichica, morale - viene utilizzata come lente d’ingrandimento del male, a volte come scorciatoia; altre, come rivelazione.

  • Dualità e scissione:

    • Stevenson, “Dr. Jekyll and Mr. Hyde”: non una “malattia” in senso clinico, ma la metafora eterna della doppiezza, del desiderio che scinde la persona. La scienza come rituale morale fallito.

    • Hitchcock, “Psycho” : la mente come architettura narrativa, il crimine non è “perché malato”, ma perché scisso, rimosso, rituale.

  • Trauma e ossessione:

    • Hitchcock, “Vertigo”: la spirale come simbolo di ossessione; la vertigine è percezione alterata, non “difetto”: è il varco estetico in cui il noir si fa mito.

    • Dario Argento, “Profondo Rosso”: il trauma infantile come mandala del male, la memoria deformata come partitura.

  • Memoria e tempo:

    • Nolan, “Memento”l’amnesia come dispositivo narrativo; la malattia non spiega il crimine, lo struttura. La verità diventa montaggio, il tempo come colpevole.
    • Scorsese, “Shutter Island”: l’istituzione come cattedrale della colpa, l’identità come maschera che plasma il luogo.

  • Diversità e competenza:

    • Fincher, “Millennium”: la protagonista, Lisbeth Salander, con la sua neurodivergenza è padrona di una competenza estrema come hacker e da questa forma s'innesca la giustizia privata come ri-ordine sul male.
    • Il detective non conforme: dal Philip Marlowe scostante al Maigret obliquo, dal Poirot con le sue manie ossessive e rituali, a Sherlock Holmes con la sua mente iperlogica e i tratti quasi autistici, tutti gli archetipi del detective incarnano una diversità che diventa competenza investigativa. Sono protagonisti della letteratura che vivono la loro “diversità” non come diagnosi, ma prospettiva.


  • Fisicità come stigma o icona:

    • “The Elephant Man”: la carne non è il male; il male è lo sguardo che violenta. In questo scenario la diversità è vista come specchio dell’umanità.

    • Frankenstein: il corpo “diverso” inteso come mostro, ma in realtà è specchio della società che rifiuta.

    • “Notre-Dame de Paris”: la deformità come mito; ciò che è “altro” diventa specchio dell’ordine sociale.

Il punto non è mai “malattia = violenza”, bensì: come la differenza sveli la menzogna della norma e costringa il mondo a guardarsi allo specchio. Nel noir migliore, la patologia come simbolo funziona quando smette di spiegare e comincia a rivelare, una grammatica di visione, mai usata come scorciatoia di colpa.





“Asperger”: etica del dettaglio, estetica del rito

Nel racconto, la diagnosi è citata una sola volta e rimane fuori scena: il cuore è la fenomenologia. Elisa “osserva, cataloga, ripristina”, e quando scopre i segni sul corpo della figlia, il suo mondo logico non contempla eccezioni. L’atto è immediato, “un solo momento di blackout”, ma non cieco: il crocifisso non è oggetto neutro; è l’icona che ribalta il dogma. Il sacrilegio diventa controsacrilegio: non profanazione del sacro, ma profanazione della menzogna.

  • Oggetti come personaggi: porta reliquie, cornici “come impronte digitali”, expertise falsate. L’arte sacra e la frode laica si stringono la mano: il delitto si prepara nei dettagli.

  • La lingua del controllo: ogni gesto è geometria. Ogni scompenso sensoriale è scritto come scosse sulla carta.

  • La giustizia privata: non invocata, compiuta. “Ordine ristabilito” è il sigillo finale: la frase che chiude il rito.

  • La notte come spazio morale: la scighera, la classica nebbiolina milanese, non è solo atmosferica ambientazione da noir: protegge e immerge i personaggi in quell'aura di mistero che non vuole svelarli fino in fondo. Serve come velo morale che permette di non giudicarli.


Un bel disegno AI che ritrae Elisa Mori, la protagonista che tieni per mano la figlia, fiancheggiando la famosa chiesa di San Cristoforo sul Naviglio Grande


Il patto con il lettore: 

responsabilità senza indulgenza

Quando il nero abbraccia la diversità, il rischio è enorme: trasformarla in mostro o in santino che tutto giustifica. “Asperger” sceglie una terza via: restare nel registro alto, rispettare la logica interna della protagonista, e piegare simboli e ambienti alla sua percezione. Nessuna bambina in scena, nessuna pornografia del dolore: solo il riverbero etico, il nastro della routine, l’incisione del rito. È una scelta di stile e di responsabilità.

  • Evitare lo stereotipo: la diagnosi non è trama; la fenomenologia è carattere.

  • Onorare la complessità: il male non è “nel diverso”; il male abita nella norma che tradisce.

  • Scrivere il simbolo: croce, altare, reliquie: l’iconografia sacra rovesciata per riparare l’icona infranta dell’innocenza.

Questa è, a mio avviso, la fedeltà più alta al noir: non offrire risposte, ma incidere domande nella pietra. La “diversità” è una lente. Il crimine è ciò che accade quando il mondo rifiuta di guardare.


Come sempre posto l'incipit del racconto per trasportarvi nell'atmosfera densa e potente di questo giallo/noir ambientato in una Milano che ben conosco. Ricordo che il racconto verrà inserito, insieme agli altri premiati, nel volume 2 dell'antologia FAVOLE INQUIETE, che uscirà nel corso del 2026. A tempo debito ve ne parlerò.


ASPERGER

Milano, un’antica chiesa sul Naviglio Grande

L’aria profuma ancora d’incenso. Lungo le due navate aleggia un silenzio sacrale che avvolge le antiche mura in un limbo perduto nel tempo. Moccoli di cera stillano arabescando i portacandele in ferro battuto, mentre le fiammelle riverberano tremolanti sul vetro colorato delle monofore, proiettando riflessi inquieti tra le pietre consunte.
Su un basamento, la statua di San Cristoforo regge il Bambino con sguardo severo. Poco oltre, volti stereotipati di santi emergono dagli affreschi deteriorati, testimoni impotenti della tragedia appena consumata.
La tovaglia di lino candida è macchiata di rosso. Il corpo del prete giace riverso sull’altare, la bocca contratta in una smorfia dolente, gli occhi sbarrati fissano la figura del Padre celeste dipinta nell’abside. Non chiede perdono. Non più.
Un crocifisso d’argento, conficcato nel petto, ha lacerato l’abito talare. Il sangue cola lento, disegnando un rivolo scarlatto che serpeggia sul pavimento come una firma blasfema. L’eco del sacrilegio sembra ancora vibrare tra le colonne, come un’onda invisibile che non trova pace.



Conclusione

“Asperger” entra tra i finalisti del Trezzano Noir 2025 perché parla, con voce ferma e ritmata, di ordine e menzogna, di simboli sacri piegati e restaurati, di una madre che trasforma la propria differenza in atto di lucidità estrema. È un racconto che interroga la responsabilità dello sguardo: della polizia, della Chiesa, dei vicini, dei lettori. La “diversità” non chiede indulgenza: chiede rigore. E nel nero, dove il bene è spesso una linea sottile nel buio, è forse l’unica luce che non mente.

Nel prossimo post tirerò le file di quest'annata che sta giungendo al termine, celebrando i risultati del blog e anticipando temi futuri.

Con l'occasione, inizio anche a farvi gli auguri di buone feste. Approfittate di questo periodo per ritemprarvi e stare vicino ai vostri cari, metodo migliore per ritrovare serenità. 

E non dimenticate di trovare il tempo per leggere.


“Ogni parola è un passo. Grazie per aver camminato con me tra queste righe.  

  Ma le storie non finiscono, cambiano voce e interpreti e aspettano solo di essere ascoltate.”


Massimiliano Serino

I più apprezzati da voi